
da «BONNIE&CO.»
«Piove, piove, la gatta non si muove, si accende la candela, si dice buonasera»: quand’ero piccolo mia nonna, ogni volta che in campagna si scatenava un temporale, per tranquillizzarmi mi cantava sempre questa filastrocca. A dire il vero era lei a spaventarsi per i tuoni e, come tutti i contadini, aveva un sacro terrore dei fulmini: a me, al contrario, la pioggia non dava fastidio, e i tuoni mi divertivano. La gatta della filastrocca invece era un gatto, anche se in effetti si chiamava Matilde, e se ne stava davvero immobile, vicino alla stufa o in camera mia, fino alla fine della tempesta.
Mi è tornato in mente questo ricordo lontano guardando la pioggia in queste giornate quasi autunnali che hanno caratterizzato il finale di primavera. La pioggia in campagna è completamente diversa dalla pioggia in città: anziché essere un’ulteriore, e spesso fatale, fonte di stress, è al contrario un’occasione di riposo e un’apertura di serenità. Gli animali lo capiscono subito, e infatti generalmente si arrestano, rientrano in casa o nelle tane, rallentano ogni attività fino a fermarsi del tutto. Tutta la natura, a dire il vero, sembra fermarsi e aspettare: gli insetti e gli uccelli tacciono, e il silenzio è spezzato soltanto dal suono regolare delle gocce che scendono. La sensazione che la terra si stia abbeverando, che le piante e l’erba e gli alberi si stiano finalmente dissetando è persino fisica: in questo grande silenzio ovattato è come se anche il mondo vegetale potesse infine riposarsi, e ristorarsi soddisfatto.
I nostri animali passano la gran parte del tempo in giardino, ma quando comincia a piovere, in casa c’è il tutto esaurito. Quand’era cucciola, Bonnie per la verità sembrava amare molto la pioggia, e spesso se ne restava immobile nel prato a prendersela tutta per ore: ma crescendo deve avere cambiato gusti, e ora è la prima a presentarsi sull’uscio quando scendono le prime gocce. Una volta dentro, si sceglie un posto nel mio studio o sulle scale – che per qualche oscuro motivo le piacciono molto e la fanno sentire al sicuro – e lì rimane, perfettamente immobile: se la scavalco, non muove neppure le palpebre. Stella invece si rintana sotto il grande tavolo della cucina, mentre il piccolo Sandro s’accampa nei pressi.
Non tutti i cani fanno così, naturalmente: c’è chi si innervosisce e c’è anche chi si impaurisce. L’aria umida infatti trattiene di più gli odori, e per così dire li amplifica: un cane, soprattutto un cucciolo, può sentirsi smarrito per questa sovrabbondanza di stimoli, di cui non riesce a comprendere l’origine, e può reagire in modo nervoso. In questi casi non bisogna commettere l’errore di consolarlo con le carezze e con le coccole, perché questo rischia di accentuare la sua condizione di disagio. La carezza infatti è sempre un premio, ed è agli occhi del cane la conferma di un comportamento positivo. Carezzare un cane nervoso o spaventato significa dunque confermare il suo disagio, premiarlo per una condizione che è in realtà negativa e sgradevole, e in definitiva accrescere la sua confusione mentale. Un cane nervoso va ignorato, o tutt’al più va distratto, per esempio proponendogli un gioco che gli piace. Sarà lui stesso a calmarsi, prendendosi il tempo necessario: e quando si sarà rilassato, potrà ricevere tutte le coccole del caso. Stiamo così premiando la sua calma, non il suo nervosismo.
I gatti, proprio come nella filastrocca di mia nonna, hanno meno problemi con la pioggia: semplicemente, si accoccolano e aspettano che passi. I nostri mici si distribuiscono fra il divano del salotto e il lettone, si addormentano beati e spostarli è impossibile. Non ne sono sicuro, ma forse il motivo sta nel fatto che nel gatto domestico sopravvive una percentuale di «selvatico», chiamiamolo così, superiore a quella del cane: e più si è vicini alla natura, più se ne percepisce il respiro e se ne comprende il ritmo.