Puma,linci e pantere:i grandi felini vagano davvero per le campagne inglesi?

FILE: Black panther, 2020

FILE: Black panther, 2020   –  Diritti d’autore  AFP

Di David Mac Dougall  •   24/05/2023 – 12:48

Nuove prove fornite dal Dna suggeriscono che ci sono potenzialmente centinaia di predatori apicali nel Regno Unito

Guidando tra gli altopiani scozzesi all’inizio di maggio, la turista Lottie Hodson è sobbalzata quando ha intravisto un’elegante macchia nera al limite del bosco.

Allertando suo fratello, ha fermato l’auto per cercare invano di vedere meglio: “Ho indicato fuori dal finestrino e ho detto ‘ferma la macchina, c’è una pantera!’ – racconta Lottie a Euronews Green – alcune persone hanno detto che avrebbe potuto essere un ‘kellas’, ma qualunque cosa fosse è stata molto bella da vedere”.

I gatti Kellas, identificati solo nel 1984, sono un incrocio tra il gatto selvatico scozzese, originario delle Highlands scozzesi, e un gatto domestico: di solito, sono neri con una lunga coda e molto più grandi di un soriano medio.

Tuttavia, gli esperti ritengono che ciò che Lottie ha visto potrebbe benissimo essere una pantera nera del genere Panthera pardus, nata allo stato selvatico e che vive libera, ma riservata e quasi invisibile al pubblico.

Nuove prove rivelano che i grandi felini potrebbero essere in libertà: campioni di peli prelevati da un recinto di filo spinato in prossimità di una pecora morta nel sud dell’Inghilterra sono risultati positivi al Dna della pantera nera, dopo che la troupe di un reportage ha documentato il campione in laboratorio.

Damon Higgins/OUT MAZAINES, SALES TV

Oko, a black leopard owned by Steve Sipek of Loxahatchee, Fla.Damon Higgins/OUT MAZAINES, SALES TV

Cosa sono gli eventi di rilascio dei grandi felini?

Gli esperti ritengono che ci siano stati alcuni eventi di “rilascio” durante il secolo scorso, che hanno mantenuto in salute la popolazione di grandi felini britannici.

Il primo è stato durante la Seconda Guerra mondiale, quando gli zoo se ne sono sbarazzati perché non in grado di fornire loro una dieta rigorosa a base di carne.

Il secondo grande evento di rilascio è avvenuto dopo il 1976, quando una nuova legislazione ha reso illegale per i negozi britannici (come i grandi magazzini Harrods) vendere animali esotici.

Di conseguenza, le persone che non volevano rispettare nuove rigide regole per tenere i grandi felini nelle loro case li hanno liberati.

Probabilmente ci sono stati anche rilasci individuali nel corso degli anni, con animali tenuti come domestici o in zoo e circhi privati.

“Ci sono 40 specie di gatti selvatici in tutto, ma quelli che ci interessano nel Regno Unito sono quelli abbastanza grandi da uccidere un cervo: questo è il parametro quando valutiamo una fotografia o parliamo con un testimone, quella è la preda nel loro ecosistema”, spiega Rick Minter, esperto di grandi felini e biologo, che tiene traccia degli avvistamenti nel suo podcast.

Circa l’80% degli avvistamenti annuali di grandi felini nel Regno Unito è dato da animali simili alla pantera nera, un altro 15% riguarda puma marrone chiaro, leoni di montagna o puma “concolor”, con alcuni avvistamenti segnalati di lince.

Quanti grandi felini potrebbero esserci in giro e cosa mangiano?

Per avere una popolazione sana e consolidata di pantere nere o puma di colore marrone chiaro, gli esperti stimano che dovrebbero esserci almeno 300 esemplari di ogni animale sparsi in tutto il Regno Unito.

Nei loro territori nativi, le pantere nere potrebbero vagare sino a 50 km e, se ci fossero gruppi di femmine, i maschi passerebbero da un gruppo all’altro durante la stagione degli amori.

La loro principale fonte di cibo in loco sarebbe il cervo: infatti, ci sono circa due milioni di cerviche vagano per il Regno Unito.

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Piante e animali sono la nostra vera ricchezza, salviamoli per salvare noi stessi

In occasione della Giornata mondiale della biodiversità il dialogo tra l’economista Jeffrey Sachs, presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite, e il biologo Roberto Danovaro, ricercatore tra i massimi esperti di biodiversità. Con Max Mizzau Perczel, presidente dell’associazione Pianeta Mare Darwin Dohrn. Danovaro e Mizzau saranno ospiti al Festival di Green&Blue l’8 giugno nell’IBM Studios di Milano

NEA: un “manifesto” per la Giornata mondiale della biodiversità

“I sistemi agroalimentari sono sempre più oggetto di disequilibri e conflitti geopolitici. Da qui la necessità di una transizione verso una maggiore sostenibilità ambientale, economica, sociale e di governance globale del cibo”, spiega responsabile ENEA della Division…22 Maggio 2023

A Castel Porziano il primo Centro nazionale di ricerca dedicato alla biodiversità

Il National Biodiversity Future Center, coordinato dal Cnr, è la prima struttura italiana con 2000 scienziati e 49 istituzioni impegnate a studiare e preservare gli ecosistemi e la biodiversità del nostro Paesea cura di redazione Green&Blue22 Maggio 2023

Quali sono stati i primi animali? Un nuovo studio genetico rivela le specie più antiche

Grazie a un nuovo studio genetico, gli scienziati sono riusciti a identificare i primi animali sorti negli antichi mari nel Precambriano, più di 500 milioni di anni fa.

Da quando, più di un secolo fa, gli scienziati concordano sul fatto che la vita sulla Terra come la conosciamo oggi abbia avuto origine negli oceani, una delle domande che ha causato molti dibattiti è ”quali furono i primi animali che si svilupparono negli antichi mari nel Precambriano, più di 500 milioni di anni fa?”. In questo contesto, grazie a un nuovo studio filogenetico, un team di biologi delle università della California (USA) e di Vienna (Austria) è riuscito a costruire una sorta di albero genealogico che illustra come gli animali e i loro geni si sono evoluti nel tempo. A causa del loro aspetto primitivo e della semplicità della loro anatomia, diversi studiosi hanno discusso se le spugne di mare, che trascorrono l’intera vita adulta in un posto filtrando il loro cibo dall’acqua di mare, o i ctenofori, organismi simili a meduse che strisciano attraverso le profondità dell’oceano alla ricerca di cibo, sono la più antica forma di vita animale. Come descritto dai ricercatori in un articolo pubblicato sulla rivista Nature, per risolvere questa questione gli esperti hanno messo a confronto il genoma della medusa pettine (appartenente alla famiglia dei ctenofori), di due specie di spugne marine, di due organismi unicellulari (coanoflagellato e ameba ) e quella di un parassita microbico imparentato con animali e funghi (ittiosaporea), con quella di altri animali ”moderni”.

Quali sono stati i primi animali? Un nuovo studio genetico rivela le specie più antiche

Analizzando le sequenze genetiche dello stesso cromosoma in tutti gli animali, precisano gli esperti, hanno identificato uno schema chiaro: “Le spugne e gli animali più moderni condividono gli stessi tratti di un raro tipo di fusione e riarrangiamento cromosomico“, un tratto non trovato nelle meduse a pettine, il cui genoma è organizzato in modo simile a quello degli organismi unicellulari. Abbiamo trovato una manciata di riarrangiamenti condivisi da spugne e non ctenofori. Invece, i ctenofori assomigliavano a non animali. La spiegazione più semplice è che i ctenofori si ramificassero prima che si verificassero i riarrangiamenti“, ha spiegato David Rokhsar, coautore della pubblicazione. Questi risultati, affermano gli scienziati, suggeriscono che i ctenofori “sono stati il ​​primo lignaggio a diramarsi dall’albero animale“, seguiti dalle spugne di mare, che hanno trasmesso la loro nuova disposizione cromosomica agli animali discendenti, compresi quelli da cui proveniamo noi umani. Sebbene i ricercatori abbiano identificato il primo lignaggio animale a diramarsi dagli organismi moderni, sottolineano che i gruppi di animali analizzati hanno continuato ad evolversi da un antenato comune, quindi continuano a condividere caratteristiche con queste forme primitive. “Il più recente antenato comune di tutti gli animali visse probabilmente tra i 600 e i 700 milioni di anni fa. È difficile sapere che aspetto avessero perché erano animali dal corpo molle e non hanno lasciato una traccia fossile diretta. Ma possiamo usare i confronti tra animali vivi per conoscere i nostri antenati comuni“, ha detto Roksar. Per gli autori, i risultati della loro ricerca gettano nuova luce sui primi rami dell’albero della vita animale e forniscono nuove intuizioni su come i primi animali sono nati e si sono evoluti nella diversità delle specie che abitano la Terra oggi.

fonte

QUATTRO VELENI MORTALI PER I VOSTRI ANIMALI

I rodenticidi è un pesticida usato per eliminare, prevenire e allontanare l’azione dei roditori. Al tempo stesso, questi rappresentano uno dei motivi più frequenti di avvelenamento tra gli animali domestici. Ad avvalorare quello che stiamo dicendo, c’è la testimonianza del centro antiveleni italiano che afferma che questa cosa, e che rappresenta il 27,6% delle chiamate ricevute (1).

Negli Stati Uniti, più di 100 decessi di animali domestici causati da rodenticidi vengono segnalati ogni anno all’EPA, l’Agenzia per la protezione ambientale (2) e probabilmente molti altri non vengono denunciati. I rodenticidi sono anche entrati nella lista delle 10 tossine più pericolose per gli animali domestici stilata dall’ASPCA nel 2019, posizionandosi al settimo posto. I casi di esposizione ai rodenticidi sono aumentati in quell’anno, rappresentando il 6,8% di quelli presi in carico dall’Animal Poison Control Center (3).

Cosa Rende così Pericolosi i Rodenticidi?

Ciò che rende i rodenticidi così pericolosi sono senza dubbio le loro piccole dimensioni, che possono essere facilmente masticate da cani e gatti, e il loro uso diffuso. Blocchi o prodotti a base di cereali, sono utilizzati da tutti per combattere questo problema dei roditori, e quindi è possibile trovarli disseminati in case, garage, fienili, fattorie, parchi e aree naturali.

Sebbene molti prodotti appaiano simili, possono contenere ingredienti attivi molto diversi, che influiscono sul tipo di trattamento necessario. Se il tuo animale domestico ingerisce rodenticida, conserva la confezione o cerca di fornire una descrizione accurata di come appariva al tuo veterinario, per aiutarlo ad identificare di che tipo preciso

Quattro Rodenticidi Comuni a cui Prestare Attenzione

Un cane che e accarezzato

Di  seguito sono riportati i quattro rodenticidi più comuni di cui tutti i proprietari di animali domestici dovrebbero essere a conoscenza (4). È meglio evitare di usare questi prodotti in casa o in giardino, poiché gli animali domestici sono bravissimi a scovarli, anche quando si è convinti di averli messi fuori dal loro raggio di azione.

Gli animali domestici, per non parlare della vegetazione circostante, possono anche essere avvelenati dai rodenticida.

1. Anticoagulanti

Questi possono essere sia a breve durata d’azione (warfarin) che a lunga durata (brodifacoum e bromadiolone) e agiscono inibendo la vitamina K1 epossido reduttasi, che riduce i fattori di coagulazione, con conseguente sanguinamento incontrollato. I segni di emorragia interna includono letargia, tosse, difficoltà respiratorie e gengive pallide. Possono anche verificarsi vomito, diarrea, sangue dal naso, lividi, sangue nelle urine e sanguinamento dalle gengive, sebbene meno comuni come sintomi.

I rodenticidi anticoagulanti sono stati vietati per uso residenziale dal 2011, ma se il tuo animale domestico è esposto, il trattamento richiede vitamina K1 per via orale, per un periodo da cinque a 30 giorni. Mentre i gatti raramente soffrono di avvelenamento da anticoagulanti, i cani possono essere molto sensibili a questa cosa e possono essere avvelenati anche ingerendone una quantità molto piccola.

Leggi anche: Come Proteggere i Cani e i Gatti dai Veleni

2. Colecalciferolo (vitamina D3)

Secondo la Pet Poison Helpline: per cani e gatti, questo è uno dei rodenticidi più pericolosi sul mercato e sta guadagnando popolarità principalmente a causa delle restrizioni dell’EPA sui rodenticidi anticoagulanti di seconda generazione (5). I sintomi di avvelenamento includono debolezza, letargia, diminuzione dell’appetito e alitosi, con insufficienza renale acuta, che si sviluppa due o tre giorni dopo l’ingestione. Sebbene non esista un antidoto specifico, alcuni animali rispondono a un trattamento aggressivo che include liquidi e farmaci EV per ridurre la concentrazione di calcio nel corpo.

Un cucciolo esaminato da un veterinario

3. Bromethalin

Questo rodenticida è neurotossico e causa edema cerebrale o accumulo di liquidi intorno al cervello. Possono verificarsi tremori, mancanza di coordinazione, convulsioni, paralisi e morte, con sintomi che si sviluppano da due ore a quattro giorni dopo l’ingestione.

Carbone attivo, liquidi EV e farmaci, sono necessari per ridurre l’edema al cervello. I gatti sono particolarmente sensibili ai rodenticidi brometalina.

4. Fosfuri di zinco e alluminio

Questi veleni producono gas tossici e sono spesso usati in esche per talpe e geomidi, ma possono anche essere trovati in esche per ratti e topi. Quando ingerito, viene rilasciato gas fosfina che può causare gonfiore allo stomaco, vomito, dolore addominale, shock, convulsioni e danni al fegato. Dare antiacidi subito dopo l’ingestione, può aiutare a ridurre la quantità di gas prodotto, ma è necessaria un’assistenza veterinaria immediata per decontaminare lo stomaco dell’animale. Anche il personale veterinario è a rischio a causa dei fumi che possono essere rilasciati durante questo processo o anche dal vomito dell’animale.

Leggi anche: Come Liberare i Nostri Animali da Scorie e Tossine in Sicurezza

Pet Poison Helpline ha osservato che: “La dose tossica è molto piccola e quasi tutti gli animali che ingeriscono questo veleno devono essere visitati da un veterinario. Se l’animale vomita in macchina mentre è in viaggio verso la clinica veterinaria, i finestrini devono essere aperti per evitare l’inalazione di fosfina gassosa “ (6). Se ritieni che il tuo animale abbia ingerito rodenticida, richiedi immediatamente assistenza veterinaria di emergenza, fornendo quante più informazioni possibili sul prodotto ingerito.

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Relivel

  •  Maggiori infodisintossica tutto il corpo in maniera olistica;non riduce vitamine, minerali e batteri benefici;combatte tutte le fonti di inquinamento moderno;per cani e gatti.

Soluzioni non Tossiche per il Controllo dei Parassiti

Un cane sotto shock

Se hai animali domestici, mettere rodenticidi dentro o intorno alla tua casa è un rischio che non vale la pena correre. Le opzioni non chimiche come le trappole di colla e le trappole a scatto, non sono una buona alternativa, poiché causano notevoli sofferenze agli animali nel caso ci finiscano dentro.

Invece, il consiglio da seguire è quello di posizionare una trappola viva chiamata Havahart®. Si tratta di una trappola umana che cattura topi, ratti o altri roditori, in modo da poterli rimuovere da casa senza usare tossine o avvelenare l’ambiente. Se posizioni trappole vive, assicurati di controllarle almeno una volta al giorno. I topi dovrebbero quindi essere rilasciati in sicurezza, idealmente in un altro luogo, magari al chiuso, poiché secondo la Humane Society degli Stati Uniti, i topi domestici e i roditori che hanno vissuto negli edifici per tutta la vita, avranno scarse possibilità di sopravvivere all’aperto.

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Se possibile, trasferisci i topi in una dependance come un capanno o un garage (7). Se questo può suonare molto strano, bisogna considerare che anche i topi meritano compassione e, anche se di certo non si ha voglia di invitarli in casa, vivono a fianco degli umani, con poche conseguenze, da migliaia di anni. Per proteggere i tuoi animali domestici dai rodenticidi che potrebbero incontrare fuori casa, tienili al guinzaglio quando sei in strada e soprattutto in luoghi sconosciuti. Non lasciare che il tuo animale domestico consumi roditori selvatici, che potrebbero essere contaminati da veleni rodenticidi.

FONTE

Perchè il cane mangia tutto quello che trova? Che cosa fare

Questo articolo è stato pubblicato il maggio 10, 2023 da Matea.

Alcuni cani possono sembrare degli aspirapolvere: spazzano via tutto ciò che trovano per terra, sul tavolo o sul balcone, senza mostrare alcuna esitazione o disgusto. Sembrano costantemente affamati, sempre pronti a mangiare qualsiasi cosa, sempre e ovunque, anche dopo un pasto completo.

Quando il cane mangia tutto quello che trova, incluse le sostanze non alimentari, si dice che è affetto da pica. Questo comportamento si differenzia dalla sottrazione o dal rosicchiamento di oggetti, che non prevedono l’ingestione degli stessi.

I cani che soffrono di pica generalmente introducono nello stomaco: sassi, plastica, carta, sabbia, bastoni, calzini, spesso oggetti strani, disgustosi e pericolosi, insomma mangiano qualunque cosa possano trovare in giro.

Questo comportamento è abbastanza frequente nei cuccioli e nei cani giovani e può rientrare nel normale comportamento esplorativo. I cani hanno bisogno di conoscere e raccogliere le informazioni, la bocca è per loro come per noi le mani, quindi masticare, e talvolta inghiottire, è il loro modo di esplorare l’ambiente che li circonda. Talvolta, però, inghiottire alcune cose può metterli nei guai e persino portare a blocchi o avvelenamenti. Per questo motivo è bene fornire loro un ambiente protetto e sicuro, dove possano manipolare con la bocca solo oggetti non pericolosi e che non possano essere ingeriti.

Se invece la pica viene manifestata da soggetti adulti, allora le cause possono essere diverse. In alcuni casi può trattarsi di un comportamento scorretto del cane e allora è necessario modificare la gestione dell’animale, impedendogli l’accesso alle sostanze che potrebbe ingerire, poi insegnandogli a lasciare a comando, cercando di prevenire e riportandolo verso comportamenti corretti.

Pica e Problemi Comportamentali

La pica può essere, a volte, il segnale di un problema comportamentale, in cui la scelta di oggetti specifici da parte di alcuni individui adulti può rappresentare una forma di disturbo compulsivo, che spinge il cane a ignorare qualsiasi tipo di attività a favore del masticare e ingerire oggetti.

La pica può essere causata da disturbi del comportamento come: ansia o stress, noia, mancanza di stimolazione o esercizio fisico, depressione, frustrazione o mancanza di socializzazione.

In tutte le situazioni in cui è riconducibile a una patologia comportamentale, questa va trattata. La pica può essere anche attivata da alcune patologie.

Pica e Malattie

cane in letargia

È importante sapere che ci sono anche alcune cause organiche che possono far sì che un cane si senta affamato tutto il tempo. Questa condizione è nota come polifagia. Soprattutto se la pica insorge improvvisamente in cani adulti o anziani, la causa potrebbe essere ricercata in malattie endocrine o gastroenteriche, che infatti determinano un’alterazione del comportamento alimentare inducendo questo disturbo. Anche alterazioni a livello encefalico, come la presenza di masse tumorali, possono causare comportamenti anomali e improvvisi, tra cui la pica. La polifagia può essere causata dall’insorgenza di:

Diabete: dal momento che il corpo di un cane diabetico non può regolare i propri livelli di zucchero nel sangue, mangia qualsiasi cosa per cercare di compensare gli squilibri di zuccheri nell’organismo. Leggi anche: “Sintomi e segni del diabete nei cani”.

Ipertiroidismo: è una malattia causata da una sovrapproduzione di tiroxina, un ormone tiroideo che aumenta il metabolismo nel corpo.

Leggi anche:” Le Migliori Erbe e Cibo per Tiroidite nel Cane/Gatto”.

Sindrome di Cushing: è una malattia endocrina, conosciuta anche come iperadrenocorticismo. I cani con questa malattia hanno una sovrapproduzione di cortisolo (corticosteroide) nel sangue, interessando l’ipofisi e le due ghiandole surrenali. La malattia è piuttosto frequente nel cane anziano e rara nel gatto.

Leggi anche: “Come contrastare la sindrome di Cushing negli animali naturalmente”.

Presenza di parassiti intestinali: i nemici principali dei nostri animali sono i parassiti e i vermi, alcuni di questi sono anche portatori di gravi problemi di salute. Se l’animale domestico è cronicamente infetto, può essere soggetto a infiammazione gastrointestinale cronica e disbiosi.

Leggi anche: “Parassiti e vermi sono i principali trasmettitori di malattie per gli animali?”.

Ma Pica e Sindrome da Malassorbimento

Infine esiste anche la possibilità che il cane che mangia di tutto abbia la sindrome da malassorbimento, con questo disturbo s’intende che il tratto gastrointestinale del cane non può assorbire correttamente i nutrienti presenti nel cibo.

Questo fattore può essere derivato dall’accumulo di tossine nell’intestino dell’animale, il quale non riesce ad utilizzare tutti i nutrienti. Attraverso l’apparato digerente e il colon le tossine vengono eliminate. Quando l’apparato digerente non funziona bene potrebbe complicare l’eliminazione delle tossine dall’organismo.

Generalmente l’animale con problemi di malassorbimento, anche se ha una perdita di peso, ha un appetito vorace e continuerà a mangiare di tutto, per sopprimere le mancanze nutrizionali.

Un assorbimento non corretto delle sostanze nutritive porta a carenze nutrizionali, spesso causa di malattie croniche (1) (2).

Leggi anche: “I 9 Modi per Preservare la Salute al Cane o Gatto”.

Occorre, in casi di malassorbimento intestinale, cambiare alimentazione, offrendo al cane una alimentazione sana, possibilmente disidratata o pressata a freddo con ingredienti di grado alimentare umano, senza aggiunta di additivi, conservanti e coloranti. Aggiungere al cibo i probiotici, per equilibrare la flora batterica, e gli enzimi. Molto utile anche una disintossicazione con delle erbe, per aiutare l’organismo a espellere l’accumulo di tossine.

Le migliori erbe per la disintossicazione sono:

la radice di Bardana: leggermente amara lenisce il tratto gastrointestinale e stimola la cistifellea, determinando il rilascio di succhi digestivi e la secrezione della bile per una corretta digestione (3);

l’Origano: disintossica i polmoni e protegge contro raffreddori, influenza e altre infezioni virali (4);

Cardo mariano e il tarassaco: possono essere di grande aiuto per il fegato dell’animale domestico, in quanto queste erbe proteggono il fegato dalle tossine e lo rigenerano, aiutando a ripararne le cellule e promuovendone la rigenerazione (5) (6);

Mallo di noce nera: ha proprietà antiparassitarie, antibatteriche e antimicotiche (7).

Queste erbe in sinergia tra di loro costituiscono un ottimo rimedio per la disintossicazione generale dell’organismo degli animali domestici.

Leggi anche: “8 Motivi per disintossicare cane e gatto”.

Attenzione alla Sicurezza

Se hai un cane con pica, ricordati che gli oggetti estranei ingeriti possono causare ulcerazioni interne, irritazione gastrointestinale e blocco nell’intestino.

L’ animale domestico potrebbe avere uno o più dei seguenti sintomi, dopo aver ingerito un oggetto non commestibile: vomito, diarrea e alito cattivo cronico.

Se c’è un blocco nel tratto gastrointestinale i sintomi possono includere: stitichezza, contrazioni addominali e bava in eccesso. In questi casi occorre portare l’animale dal veterinario, al più presto.

È bene assicurargli un ambiente protetto, dove possa manipolare con la bocca solo oggetti non pericolosi e che non possano essere ingeriti.

Fonte

LA NUTRIA “CICCIO” UCCISA IN UN PARCO, IL TRIBUNALE DI MODENA: “NO ALL’ARCHIVIAZIONE, SI INDAGHI PER SCOPRIRE CHI È STATO”. LA LAV ESULTA


L’animale, che faceva parte di una colonia su cui era stato avviato un progetto di sterilizzazione, era stato trovato agonizzante e dalla radiografia erano emersi due pallini esplosi con armi ad aria compressa. L’associazione animalista: “Non esistono animali di serie Z, hanno diritto alla vita come tutti gli altri. (Fonte: Repubblica LA NUTRIA “CICCIO” UCCISA IN UN PARCO, IL TRIBUNALE DI MODENA: “NO ALL’ARCHIVIAZIONE, SI INDAGHI PER SCOPRIRE CHI È STATO”. LA LAV ESULT

🟥 FONTE

Scopriamo perchè solo pochi animali si riconoscono allo specchio?

Secondo un recente studio, gli animali che non superano il test dello specchio, utilizzato per testare il grado di consapevolezza di sé, potrebbero fallire per dei limiti intrinseci al test stesso.

Provate ad immaginare di avere qualcosa sulla vostra fronte o in mezzo ai denti e, attraverso la vostra immagine riflessa dinanzi ad uno specchio, riuscite ad accorgervene e a rimuoverla. Quest’operazione così semplice dimostra in realtà che gli esseri umani sanno riconoscersi e sanno distinguersi dagli altri individui: in altre parole siamo autocoscienti e abbiamo consapevolezza di noi stessi.

Questa capacità viene ricercata e studiata nelle altre specie animali imitando l’esempio appena scritto e seguendone la stessa logica tramite il cosiddetto test di riconoscimento allo specchio (“Mirror-self recognition”), con l’obiettivo di dimostrare la presenza di consapevolezza di sé e di autocoscienza negli animali non umani. In realtà, sono poche le specie animali che ad oggi superano questo test come ad esempio scimpanzé, cavalli, oranghi, elefanti, delfini tursiopi, le gazze e anche il pesce pulitore. Altri animali hanno invece mostrato di fallire.

Come mai così pochi animali si riconoscono allo specchio? Sono davvero incapaci di oppure il modo in cui è preparato il test non è adatto alle loro caratteristiche etologiche?

In uno studio pubblicato sulla rivista Primates, un gruppo di ricercatori si è posto il problema cercando di capire se effettivamente essere autocoscienti è una capacità molto rara nel regno animale, oppure se la sua rarità si potrebbe spiegare con la nostra incapacità nel saperla studiare e ricercare in maniera adeguata negli altri animali. Forse siamo noi che costruiamo  dei test che non sono fatti su misura per gli animali stessi e non sono loro che non sono capaci di dimostrare il possesso di quelle capacità di cui cerchiamo di dimostrare la presenza.

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Ad esempio, una delle criticità sottolineate dai ricercatori è legata al tipo di rilevanza ecologica che lo stesso può avere per gli animali così come il modo in cui viene presentato. Il test dello specchio è stato infatti sviluppato da una prospettiva umana che in realtà non ricalca fedelmente il contesto ecologico in cui gli animali che testiamo vivono e si sono evoluti.

Nel test infatti viene chiesto agli animali di riconoscere loro stessi con l’ausilio di uno specchio che viene posto solitamente in verticale, mentre in un contesto naturale gli animali tendenzialmente trovano specchi naturali come le superfici d’acqua praticamente sempre in orizzontale, al suolo. Proviamo a vederla dal nostro punto di vista, agiremo probabilmente nello stesso modo anche noi: immaginate di dovervi guardare allo specchio e di dovervi comportare in maniera tale da rimuovere un oggetto posto sulla vostra fronte, potreste non essere interessati e rinunciare a farlo nel momento in cui lo specchio che dovete utilizzare non presenta caratteristiche tali a soddisfare le vostre esigenze. Di certo sarebbe illogico pensare che sulla base di ciò non siete consapevoli di voi stessi.

Ciò ha potenzialmente introdotto un pregiudizio antropocentrico nel test dello specchio che può viziare l’interpretazione dei risultati stessi degli studi dove viene applicato. Noi pensiamo che gli animali non si riconoscano guardando la loro immagine riflessa, mentre in realtà potrebbero semplicemente fallire il test perché per loro vedersi riflessi su una superficie verticale non rappresenta la norma a cui sono abituati o più in generale non è lo scenario ambientale adeguato che permette l’emergenza del loro naturale comportamento.

Insomma, i limiti del test dello specchio potrebbero presentare dei risultati cosiddetti “falsi negativi“, ovvero che mostrano l’assenza di un fenomeno pur non essendo quest’ultimo realmente assente, solo perché non stiamo guardando e studiando gli animali nella maniera corretta.

Per provare a correggere questo possibile errore, gli autori hanno tentato di applicare una variante del test dello specchio sui cebi dai cornetti, animali che hanno già dimostrato di non essere in grado di riconoscersi allo specchio, utilizzando delle superfici riflettenti poste in orizzontale, ma nonostante ciò, i cebi non sono comunque riusciti a superare il test anche con la nuova variazione introdotta.

Anche se i cebi dai cornetti hanno mostrato nuovamente di non sapersi riconoscere allo specchio, il dubbio sollevato dai ricercatori e la modifica del test dello specchio che hanno proposto meritano di essere approfonditi in futuro negli animali che sono stati sottoposte al test e che non sono riusciti a superarlo, con l’obiettivo di confermare o smentire tale risultato.

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La moda degli animali brachicefali è pericolosa

photo by Sébastien Lavalaye on Unsplash

Arriva da Save the Dogs and other Animal un appello a vip e influencer perché «la moda degli animali brachicefali è pericolosa, servono più informazione e consapevolezza». Si tratta delle razze di cani e gatti (french bulldog o scottish fold per esempio) frutto di una selezione fatta dall’uomo e che li costringe a una vita penosa. L’emulazione dei fans però rischia di aumentare la loro richiesta e di conseguenza il traffico illegale di cuccioli in arrivo dai Paesi dell’Est Europa

Nei secoli gli uomini attraverso gli incroci hanno selezionato i propri animali da compagnia, soprattutto cani e gatti perché rispondessero ai propri gusti. In questo modo hanno esasperato caratteristiche per così dire “innaturali”. Sotto gli obiettivi negli ultimi tempi sono finiti, per fare un esempio: bulldog inglesi e francesi, carlini ma anche gatti persiani o scottish fold che sono alcune delle razze preferite da Vip e influencer come Chiara Ferragni e Federica Pellegrini. Profili con milioni di followers che rendono queste razze di gran moda, innescando comportamenti di emulazione.
L’ultimo in ordine di tempo a esporre il proprio quattrozampe – sottolinea una nota dell’associazione Save he Dogs – è Gianni Morandi, che nei giorni scorsi si è fatto immortalare su Instagram con un gattino di razza british shorthair, facendo letteralmente impazzire i suoi fan. Ma cosa hanno in comune tutti questi animali? Appartengono alla categoria dei brachicefali, cioè a quelle razze in cui il muso risulta schiacciato e il cranio tondo, caratteristiche somatiche frutto di una selezione genetica che ha un unico scopo: rispondere a canoni estetici che piacciono e che quindi incrementano le vendite.

«Sono proprio le razze brachicefale, selezionate per assomigliare a eterni cuccioli con sembianze “umane”, che secondo i veterinari di tutto il mondo hanno i maggiori problemi a condurre una vita normale», commenta Ermanno Giudici, esperto di queste problematiche che da tempo segue la questione del maltrattamento genetico. «L’esistenza di molti di questi animali è penosa e i medici ne sono i primi testimoni, perché sono migliaia gli animali che hanno bisogno di cure importanti per poter sopravvivere, quando non addirittura di interventi di chirurgia plastica per poter respirare».

La brachicefalia comporta una ridotta qualità della vita per cani e gatti a causa dei problemi respiratori dovuti alle anomalie anatomiche (narici troppo strette, difetti al palato), ma determina anche traumi agli occhi, dermatiti e cardiopatie. Patologie gravi – sottolinea l’associazione – , che hanno portato alcuni Paesi come l’Olanda e la Norvegia a vietare gli allevamenti di alcune di queste razze, la cui domanda è cresciuta ovunque in modo esponenziale proprio grazie ai social media e agli influencer.

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«Nonostante i problemi di salute che coinvolgono queste razze, la loro popolarità non sembra destinata a diminuire, anzi: i vip, esibendoli con superficialità sui propri canali social, non fanno che aumentare questo fenomeno, con tutte le sofferenze che esso produce. Chi raggiunge il grande pubblico e ispira i consumi di milioni di persone deve essere consapevole delle conseguenze di ciò che comunica: gli animali non possono essere trattati alla stregua di accessori di moda. Sono creature portatrici di diritti e serve maggiore consapevolezza e preparazione quando vengono mostrati, magari proprio per aumentare i like e le interazioni», commenta la presidente di Save the Dogs, Sara Turetta.

L’esposizione mediatica di alcune razze ha determinato una crescita di allevamenti amatoriali totalmente privi di controllo, che vanno ad alimentare il traffico illegale di cuccioli in arrivo dai Paesi dell’Est Europa, proprio per far fronte ad una domanda crescente anche perché, ricorda ancora Turetta: «Oltre a Vip e influencer, hanno un ruolo determinante anche altri media come il cinema o la pubblicità, dove i brachicefali o altre razze “estreme” sono spesso le protagoniste». Per questo, conclude la presidente «serve un codice di autoregolamentazione per avere consapevolezza di quello che un post o una foto possono generare. E ricordiamoci che tutto ciò accade in un’Italia dove canili e gattili scoppiano di animali abbandonati, cosa che rende tutto ciò ancora più paradossale».

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