© Livia Conterno
Educatrice cinofila
Esperta del comportamento canino
In seguito agli episodi di aggressione da parte di cani che hanno interessato la cronaca degli ultimi tempi,si è posta all’attenzione di tutti la questione dell’interazione uomo-cane all’interno dell’ambiente urbano.
Prima di prendere provvedimenti di qualunque natura, è necessario analizzare con rigore scientifico tale problematica, rispondendo innanzitutto a due fondamentali quesiti:
” Quali sono le cause e i meccanismi che inducono un cane ad essere aggressivo?
” Cosa può fare un proprietario affinchè il proprio animale non costituisca un pericolo per la società?
Stampa e media spesso riportano una frase emblematica che negli ultimi tempi,è diventuta una sorta di slogan,”Non esistono cani cattivi,ma solo cattivi padroni!”.
Questa affermazione,oltre ad essere incorretta da un punto di vista scientifico,può creare confusione in un mondo,quello della cinofilia,già ampiamente permeato di false credenze.
Il comportamento che il cane esibisce è frutto dell’interazione di due componenti: una genetica-che si esprime nell’indole- e una ambientale.
Per indole si intende l’insieme delle caratteristiche comportamentali proprie di un individuo.
Il cucciolo,al momento della nascita,eredita dai suoi genitori non solo le fattezze morfologiche, ma anche i tratti comportamentali.
Ambiente e educazione possono reprimere o valorizzare le doti caratteriali di un cane,ma non possono modificarle radicalmente.
È possibile comprendere il carattere di un cane attraverso l’ausilio di test che consistono nel sottoporre il soggetto ad una serie di stimoli di varia natura (rumori,manipolazioni,giochi ecc,).In base alle risposte comportamentali è possibile individuare un profilo psicologico che è dato dall’insieme di:
” Doti caratteriali:
o Temperamento;velocità di reazione di fronte agli stimoli proposti.
o Tempra:capacità di sopportare stimoli negativi,fisici o psichici,senza modificare il proprio comportamento.
o Docilità:capacità di accettare l’uomo come superiore gerarchico.
o Socialità:capacità di interagire e cercare il contatto fisico di persone sconosciute
” Predisposizione ad essere soggetto a stress
” Equilibrio psichico
” Predisposizione all’aggressività.
L’aggressività è l’insieme dei comportamenti messi in atto per intimidire, quindi danneggiare, un altro organismo in determinate situazioni ed è regolato sia dalla genetica sia dall’adattamento all’ambiente.
L’aggressività non deve essere confusa con la mancanza di docilità.
La docilità è una dote che rende il cane più disponibile all’obbedienza ed un cane che ne è privo tenderà a mostrarsi dominate, ma non necessariamente aggressivo: le manifestazioni di aggressività sono invece strettamente connesse con dei meccanismi fisiologici (che attraverso la liberazione di ormoni provocano delle modificazioni a livello metabolico).
Le motivazioni che, sulla base di criteri etologici, scatenano l’aggressività in un cane sono:
” Aggressività da dominanza. Il cane è un animale sociale, poiché in natura è inserito in un branco di simili: la sua sopravvivenza è strettamente connessa con la vita del gruppo.
I presupposti perché sussista un branco sono le regole gerarchiche e l’esistenza di un capobranco.
L’ordine gerarchico viene stabilito in seguito a lotte a volte sanguinose: il soggetto che più è riuscito a prevalere sugli altri dimostrandosi forte e con maggiori capacità di sopravvivenza diventerà un capobranco, la cui autorità dovrà essere accettata da tutti i membri.
Un capobranco, oltre ad avere dei vantaggi (ad esempio il diritto di monta sulle femmine) è gravato soprattutto della responsabilità di tutto il gruppo: procurare il cibo, esplorare il territorio e via dicendo.
Compito del sottoposto è rispettare le regole e le gerarchie; in caso contrario sorgerebbero continue lotte per la conquista della supremazia e l’ordine sarebbe turbato.
Nel momento in cui entra a far parte di una società composta di persone, il cane vede nella famiglia umana un surrogato del branco, in cui si trova per forza di cose ad occupare un ruolo subordinato: non è, infatti, in grado di procurarsi il cibo da sé, né di decidere della propria vita riproduttiva etc.
È il proprietario che provvede ai suoi bisogni diventando in questo modo capobranco.
Spesso, però, i proprietari di cani provvedono alle necessità pratiche del proprio animale trascurandone completamente l’aspetto etologico e commettendo enormi errori di comunicazione.
Se, infatti, il padrone del cane non riesce a dimostrarsi sufficientemente autoritario e carismatico, sarà il cane stesso a sentirsi in diritto di occupare il ruolo rimasto vacante innescando delle vere e proprie lotte quotidiane (che si manifestano con l’aggressività) e rendendo molto difficile la convivenza.
” Aggressività da dolore fisico.
” Aggressività da competizione per la femmina.
” Aggressività da competizione per il cibo.
” Aggressività della madre che difende la prole.
” Aggressività per di fesa del territorio.
” Aggressività da paura: un cane, dotato di scarso equilibrio psichico, in presenza di stimoli percepiti come stressanti (persone, rumori sconosciuti) può avere una reazione aggressiva.
Per capire quali sono le caratteristiche proprie di una razza bisogna rifarsi alla funzione che essa aveva in origine.
Alcune razze canine hanno trovato impiego in attività che prevedono delle reazioni aggressive in presenza di stimoli.
Tali attività sono:
” Guardia della proprietà
” Guardia del gregge
” Difesa della persona
” Combattimenti tra con specifici o contro tori
” Caccia alla grossa selvaggina: cinghiale, orso ecc.*
*Mentre nei cani impiegati nella caccia alla piccola selvaggina (quaglie, lepri ecc.) non vi è stimolo all’aggressività (perché l’animale non è in condizioni di pericolo e di stress), nei cani che devono affrontare fisicamente la grossa selvaggina, che rappresenta quindi un pericolo per la sopravvivenza si innescano i processi di tipo fisiologico delle manifestazioni aggressive.
Ogni singola razza canina, frutto della selezione artificiale operata dall’uomo, che l’ENCI ha reso ufficiale, presenta una omogeneità delle caratteristiche morfologiche e comportamentali dei soggetti che vi appartengono.
Nello standard ufficiale di ogni razza canina sono esplicitate, accanto ai parametri fisici, anche le caratteristiche comportamentali e l’utilizzo.In nessuna razza canina figura, come dote richiesta, l’aggressività.
L’optimum per qualunque razza, dal barboncino al rottweiler, è sempre l’equilibrio psichico, mentre l’aggressività, manifestata durante le esposizioni cinofile, comporta la squalifica dalla gara.
Ciò significa che nessuna razza canina è aggressiva di per sé, ma che all’interno di ciascuna singola razza possono nascere individui deviati, che manchino di quelle predisposizioni che lo rendono idoneo a svolgere il compito per cui è stato selezionato o che lo rendono inadatto per qualsiasi utilizzo (paure o aggressività ingiustificate.)
Si ricorda che, allo stato attuale, il pitbull non è annoverato tra le quattrocento che l’ENCI riconosce come tali: si tratta piuttosto di un tipo di cane che ha trovato estrema diffusione nel contesto delle periferie delle grandi metropoli.Il fenomeno del pitbull morsicatore dovrebbe essere analizzato in stretta relazione all’ambiente in cui è inserito.
Il pitbull è utilizzato oggi come mero strumento che la malavita sfrutta per i combattimenti, ma è anche assurto, in una determinata realtà culturale, a status symbol in grado di intimorire grazie all’immagine di aggressività e sicurezza che non potrebbe ostentare chi lo tiene al guinzaglio (o dovrebbe tenere, ma non lo fa né mai lo farà a prescindere dalle ordinanze in vigore).
I motivi per cui i pitbull,più di altri cani,sono stati i protagonisti di aggressione nei confronti di animali e persone sono da ricercare in tre fattori principali:
” Il pitbull è un cane talmente diffuso da essere diventato addirittura di moda.Quindi statisticamente è più probabile essere aggredito da un pit bull che da un tosa inu.
” Il pitbull è una cane selezionato da duecento anni per i combattimenti con i suoi simili:di conseguenza si sono privilegiati per la riproduzione quei soggetti dotati di maggior tempra e resistenza al dolore in particolare,minore docilità(non interessa che il cane smetta di combattere a comando,ma che lotti fino alla morte),maggiore prestanza fisica , potenza di morso e agilità,maggior temperamento ,non certo per la tolleranza nei confronti dei bambini o la disponibilità d’animo nei confronti degli altri cani.
” La maggior parte delle persone sceglie questi cani non solo ignorandone totalmente le caratteristiche fisiche e psichiche,ma ignorando le necessità e il comportamento di qualunque cane,trovandosi spesso alla prima esperienza cinofila.
Alcuni anni fa il siberian husky ha avuto un vero e proprio boom:era diventato il cane più richiesto del momento,come è oggi il pitbull; ciononostante non compariva quotidianamente sulle pagine di cronaca.
Era un cane di moda e chi lo comprava spesso non era consapevole delle sue esigenze(proprio come accade oggi per il pit bull),tuttavia non è un cane selezionato per essere aggressivo,ma per trainare le slitte (quindi deve essere resistente alle intemperie,robusto,buon camminatore ed anche indipendente perché in origine non viveva a stretto contatto con l’uomo).
Le caratteristiche proprie della memoria di razza dell’ husky non lo rendono quindi un cane “morsicatore”,ma un cane che ,se diffuso in ambiente inadatto, può presentare altre problematiche.
La fama che l’accompagna è quella di un animale poco gestibile, che tira al guinzaglio e non risponde al richiamo del padrone perché, anche in questo caso, si tratta di un cane totalmente inadatto a chi lo acquista.
Chi si accinge a scegliere un cane deve innanzi tutto riflettere a fondo sia sullo stile di vita che conduce, sulle precedenti esperienze cinofile e sul proprio carattere sia sulle caratteristiche della razza che intende acquistare.
Lo spartiacque che suddivide le razze canine in gruppi non dovrebbe essere l’intelligenza canina (il concetto di intelligenza non è ben dimostrato e dimostrabile); devono essere altri i parametri da tenere in considerazione: in primo luogo l’adattabilità di una razza all’ambiente urbano e la predisposizione all’ubbidienza (che si ricollega alla docilità).
I problemi di convivenza che causano alcune razze sono da ricondurre,non solo all’utilizzo che avevano in origine,ma anche alle condizioni ambientali e climatiche in cui erano inserite: è ovvio che un cane come il dogo argentino,selezionato per vivere negli spazi sterminati delle pampas sud americane,causi dei problemi di gestione inserito in un monolocale in città.
E’ inutile criminalizzare una razza piuttosto che un’altra; per una serena convivenza tra cane e padrone devono esistere tre presupposti imprescindibili:
1. Il cane deve essere ben selezionato, quindi sano ed equilibrato
2. Il cane deve essere inserito in un ambiente consono alle sue esigenze fisiche e psicologiche
3. Il padrone deve possedere le necessarie conoscenze in campo cinofilo.
Il proprietario di cani è tenuto quindi a documentarsi attentamente sulla razza che intende scegliere e ad imparare poi a gestire correttamente il proprio animale con un corso di obbedienza (in particolare se ha scelto una razza impegnativa per mole e/o predisposizione caratteriale).
È importare chiarire quali devono essere gli scopi e le finalità di un corso di obbedienza.
Il corso di obbedienza, che si deve categoricamente svolgere in presenza del proprietario, deve prefissarsi l’obiettivo di insegnare a quest’ultimo a gestire correttamente il proprio cane in tutte le situazioni della vita quotidiana e deve fornire gli strumenti adeguati per educare anche gli eventuali cani futuri.
Il primo ed importantissimo passo è insegnare a decifrare il linguaggio del cane e a comunicare con esso: la carenza maggiore che si riscontra nei proprietari di cani è la mancanza di comprensione del comportamento canino.
La mancanza delle adeguate cognizioni,spinge molte persone a definire il cane un animale imprevedibile soprattutto in rapporto alle manifestazioni di aggressività.: il cane è invece un animale limpido,dotato di una psicologia semplice e lineare,quasi scevra delle molteplici sfaccettature che caratterizzano l’essere umano.
Il cane, pur essendo perfettamente in grado di svolgere dei ragionamenti elementari, non è capace di interiorizzare, elaborare e soprattutto premeditare un attacco aggressivo: la sua risposta comportamentale è dettata dal suo carattere, dal suo equilibrio,dall’apprendimento e dallo stimolo che riceve: tutti fattori che ad un proprietario accorto e consapevole dovrebbero essere noti.
Ciò significa che, quando un cane attacca, difficilmente lo fa senza preavviso.
I cani lanciano sempre dei messaggi chiari che, purtroppo, non sempre i proprietari colgono o interpretano adeguatamente: il cane che ringhia se ci si avvicina alla ciotola o mentre dorme sul divano (che dovrebbe invece essere destinato al capobranco), il cane che rizza il pelo all’avvicinarsi degli estranei, il cane che si innervosisce al contatto con i bambini, il cane che si spaventa e abbaia di fronte agli stimoli sconosciuti sono solo alcune delle innumerevoli situazioni che il proprietario dovrebbe considerare come sintomo di un comportamento che potrebbe sfociare nell’aggressività.
Il corso di obbedienza dovrebbe essere utile affinché chi possiede un cane sia capace di decifrarne e prevederne il comportamento, imparando a convivere anche con i difetti del proprio animale.
Alcuni cani non amano il contatto con bambini sconosciuti poiché,essendo carenti nella tempra,si spaventano e si stressano: in questo caso il padrone dovrebbe evitare di portarlo in luoghi frequentati da bambini,tenendolo al guinzaglio ed,eventualmente,con museruola nel caso desse segni di aggressività.
Il proprietario deve avere un controllo completo sul cane che deve esibire un comportamento decoroso al guinzaglio (quindi non tirare, dare strattoni, infastidire i passanti, saltare addosso, tagliare la strada) ed essere affidabile nel richiamo.
Il primo a dimostrarsi educato deve essere il proprietario: il cane deve anche essere chiamato per ubbidire; molti invece consentono al cane di correre incontro agli altri cani, dietro ai ciclisti o ai palloni dei bambini incuranti del disagio (e dei guai) che può provocare.
Lo scopo dell’educazione non deve essere l’esecuzione meccanica degli esercizi di ubbidienza (tanti cani si siedono a comando,non per questo possono essere definiti educati),ma l’impostazione dei ruoli gerarchici all’interno del branco -famiglia anche attraverso gli esercizi di ubbidienza.
In sintesi per fare in modo che gli episodi di aggressione siano ridotti ai minimi termini è necessario fornire sia ai proprietari di cani,che alla cittadinanza in generale, gli strumenti idonei per capire il linguaggio e il comportamento di un animale, di cui i media e, soprattutto, le autorità paiono ricordarsi solo in circostanze spiacevoli;forse dimenticando che per ogni cane che morde, ogni singolo giorno altre migliaia di cani salvano bambini sotto le macerie, guidano i non-vedenti lungo strade cittadine,rendono più sopportabile la solitudine degli anziani con una abnegazione che solo chi, in migliaia di anni, si è meriato il titolo di “migliore amico dell’uomo”,può dimostrare.
